Costantino (Pariati), Venezia, Rossetti, 1711

 ATTO SECONDO
 
 Ritiro delizioso.
 
 SCENA PRIMA
 
 MASSIMIANO e LICINIO
 
 MASSIMIANO
 Non incolpar di tua sciagura, o duce,
320che un cesare possente.
 Ei fatto tuo rival, strappò la figlia
 dalle braccia di un padre.
 LICINIO
 Sorte a Fausta dovuta.
 MASSIMIANO
 E al tuo valor Flavia si deve e ’l trono.
 LICINIO
325Odio Flavia, odio il soglio;
 e per Fausta che amai, morir sol voglio.
 MASSIMIANO
 Licinio, hai tu coraggio?
 LICINIO
 A colpo sì crudel virtù che giova?
 MASSIMIANO
 Miseri siam del pari. In Costantino
330abbiam ambi un tiranno. Io del suo giogo
 stanco già son. Tu di soffrir sii stanco.
 LICINIO
 Ma che far puossi?
 MASSIMIANO
                                     Uscirne. Un colpo tronchi
 a Costantin la vita e i ceppi a noi.
 Core, o prode campion. Soli nell’opra
335non sarem noi. Risolvi. Ti consiglia
 col mio cor, col mio esempio e tua è la figlia.
 LICINIO
 Cercar felicità con un delitto?
 MASSIMIANO
 Il rimorso è de’ vili.
 LICINIO
 A Fausta mi offrirò tinto del sangue
340di un ucciso marito?
 MASSIMIANO
 Tanto non chieggo. L’amor tuo ne assolvo
 e la tua gloria. Sappi
 sol custodir l’arcano; in fé sicura
 tener il campo e a me lasciare e al cielo
345l’opra condur.
 LICINIO
                             Dei che il mio cor vedete,
 che far debbo? Che dir?
 MASSIMIANO
                                               Tu ti confondi?
 Su, va’. Di Massimiano
 diventa traditor. Parla. Di’ tutto.
 Salva a Fausta un marito
350col periglio d’un padre. Ovunque infine
 pieghi la dubbia sorte,
 o mio sarà l’impero o mia la morte.
 LICINIO
 Signor, mi turba, è ver, d’augusto il fato;
 ma ch’io possa tradirti? Io voler morto
355di Fausta il genitor? Meglio ravvisa
 Licinio. Abbi in me fede.
 Tutto per me tu ardisci; e tutto io deggio.
 MASSIMIANO
 O fido! O generoso! Altrove il nodo
 saprai della congiura. Amico, addio.
360(Se Licinio è fedel, l’impero è mio).
 
    Con la morte di un tiranno
 stabilirò
 la mia grandezza
 e ’l tuo riposo.
 
365   E dal trono a me usurpato
 t’accoglierò
 più fortunato,
 cesare e sposo.
 
 SCENA II
 
 LICINIO e FAUSTA
 
 LICINIO
 Vadasi a Fausta. A lei si sveli... A tempo...
 FAUSTA
370Qual vista, o dio! Parti, Licinio, o parto.
 LICINIO
 Tanto misero sono
 ch’anche al vedermi innoridisci e temi?
 FAUSTA
 Questo incontro innocente, ove siam soli,
 per ambi è colpa. Addio.
 LICINIO
375Non ti arresta il mio amor. So che sei moglie,
 e moglie al mio sovrano.
 Più grande affar vuol ch’io ti vegga e parli.
 FAUSTA
 Qual mai?
 LICINIO
                       D’augusto il rischio.
 V’è chi cerca di torgli impero e vita.
 FAUSTA
380Qual è ’l fellon? Tu ’l sai? Vi assenti? O sei
 tu il carnefice vil di Costantino?
 LICINIO
 Basta ch’io taccia e che dal colpo attenda
 la mia vendetta e in un la mia fortuna;
 ma misero esser voglio
385prima che iniquo; e posso
 perder anzi ’l tuo amor che la tua stima.
 FAUSTA
 Scuopri dunque fedel l’empia congiura.
 Quai sono i rei? Chi n’è l’autor? Ma augusto
 da te lo sappia e non da Fausta. Andiamo.
 LICINIO
390Fermati. Il compiacerti
 tua disgrazia saria, saria tua pena.
 FAUSTA
 Mia sola pena è de lo sposo il rischio.
 LICINIO
 Al par di lui t’è caro il traditore.
 FAUSTA
 Caro a me il traditor? Vorrei del petto
395trargli il perfido core,
 lacerarlo, sbranarlo e nel mio sdegno
 punirlo di più morti. Invan mel taci
 e pietade per lui m’inspiri invano.
 LICINIO
 Tremane.
 FAUSTA
                     Parla.
 LICINIO
                                  Egli è...
 FAUSTA
                                                  Chi?
 MASSIMIANO
                                                              Massimiano.
 FAUSTA
400Massimiano?
 LICINIO
                            Tuo padre.
 FAUSTA
                                                  A tal delitto
 chi lo può consigliar?
 LICINIO
                                         Desio d’impero.
 FAUSTA
 L’impero è un suo rifiuto.
 LICINIO
 Innocente il depose e reo v’aspira.
 FAUSTA
 O colpa! O padre!
 LICINIO
                                   Ei mi affidò poc’anzi
405parte del suo pensier. Parte mel tacque;
 ma fra poco il saprò.
 FAUSTA
                                        Numi! Che intendo?
 LICINIO
 Qual legge io fuggir debba,
 quale, o Fausta, abbracciar tu mi consiglia.
 Pendo dal voler tuo. Sei moglie e figlia.
 FAUSTA
410Aimè! Che far degg’io? Qual da me cerchi
 consiglio o cenno? Il mio dover mi sgrida,
 il mio sangue in me freme.
 Salvar non posso il padre,
 senza tradir lo sposo;
415e se salvo lo sposo, io perdo il padre.
 Ovunque mi rivolga
 son perfida, son rea. Fuggo un delitto
 e un maggiore ne incontro.
 Il non commetter colpa è colpa mia
420e in me sin l’innocenza è scellerata.
 Moglie infelice! Figlia sventurata!
 LICINIO
 L’impeto affrena al duolo.
 FAUSTA
 Licinio, va’, ten prego. Osserva, intendi
 tutta la trama e a me la scuopri. Il cielo
425m’insegnerà come accordar io possa
 la consorte e la figlia.
 LICINIO
 Ubbidirò. Ma dove
 più sicuro esser teco? Ove parlarti?
 FAUSTA
 Scrivimi; e fugga un innocente affetto
430al pari de la colpa anche il sospetto.
 LICINIO
 
    Luci amate, perdonate
 se lasciarvi non poss’io
 senza dirvi che v’adoro.
 
    Tor da voi l’ultimo addio,
435egli è un dir che per voi moro.
 
 SCENA III
 
 FAUSTA e poi EMILIA
 
 FAUSTA
 Ritornate, o sospiri...
 EMILIA
                                         Eccelsa augusta,
 nel comune terror tu sola e cheta?
 FAUSTA
 Cara Emilia, che fia?
 EMILIA
 E spaventi e tumulti empion la reggia.
 FAUSTA
440Dov’è augusto?
 EMILIA
                               Ei poc’anzi
 con Massimo si chiuse. Indi sdegnoso
 ne uscì. Di molti a un punto
 fu commesso l’arresto; e fu eseguito.
 FAUSTA
 Dubbio non v’ha. Misero padre e cieco!
 EMILIA
445Donde il tuo duol? Ciò che per altri è pena
 per te sia gioia. È salvo
 cesare da l’insidie a lui già note.
 FAUSTA
 Cerca, per quanto mi ami,
 tutto saper, tutto ridirmi. Io debbo
450cercar più che non pensi.
 EMILIA
 La mia vita è per te. Per te, se ’l brami,
 ingannerò Leon. Ne’ mali miei
 tu più della mia vita
 e più de l’infedel cara mi sei.
 FAUSTA
455Vien Costantin. (Salvate il padre, o dei!)
 
 SCENA IV
 
 COSTANTINO, LEONE e le sudette
 
 COSTANTINO
 Inorridisci, o Fausta.
 FAUSTA
 Quai casi?
 COSTANTINO
                       Un traditore, un parricida
 insidia a’ giorni miei.
 FAUSTA
 Stelle!
 LEONE
               Qual empio?
 EMILIA
                                         E lo soffrite, o dei?
 COSTANTINO
460Si congiura al mio capo e vuol l’iniquo
 sul cadavere mio poggiar al trono.
 FAUSTA
 (Scoperto è ’l genitor. Misera io sono).
 COSTANTINO
 Massimo...
 LEONE
                       (Il traditore).
 COSTANTINO
 Era del colpo un reo. Fosse pietade,
465fosse timor, me ne scoprì l’arcano.
 LEONE
 Disse l’autor?
 COSTANTINO
                            Questo è ’l mio duol più crudo;
 e sul nome di lui l’alma più freme.
 FAUSTA
 (Aimè! Non v’è più speme).
 COSTANTINO
 Son cento i rei. Molti ho fra’ ceppi e molti
470incalza l’ira mia; ma il capo...
 FAUSTA
                                                        (O dio!)
 LEONE
 Scoprilo.
 COSTANTINO
                    Ancor si asconde al braccio mio.
 Ma il troverò. Vendicherò su l’empio,
 foss’egli...
 FAUSTA
                     (Aita, o cieli!)
 COSTANTINO
 Foss’egli cinto ancor di mille allori,
475l’enorme tradimento.
 LEONE
 Pera il reo.
 EMILIA
                       Si punisca.
 FAUSTA
                                              (Ahi! Qual tormento!)
 COSTANTINO
 A la reggia custode
 vegli Leon. Tu a le mie stanze, Albino.
 Ma Fausta, la consorte, al mio periglio
480nulla s’irrita e tace?
 FAUSTA
 Non si sfoga in lamenti un duolo estremo.
 COSTANTINO
 Eh! Nulla o poco mi ama
 chi per me poco teme.
 Più del colpo tentato,
485il colpo che mancò forse t’affanna;
 e detesti nel fallo,
 forse più de l’autor, chi lo palesa.
 FAUSTA
 A Costantin geloso,
 del duol ch’ho del suo rischio,
490del mio amor, di mia fede,
 de l’innocenza mia nulla rispondo.
 Solo a l’ingiusta accusa,
 che rea mi fa di scelerate voglie,
 rispondo che mi basta,
495per esser innocente, esser tua moglie.
 
    Costanza in me non credi
 né vedi amore in me.
 Ingrato, sai perché?
 Perché non sai la fé
500de l’alma mia.
 
    E quel ch’a te nel sen
 adombra e affanna il cor
 non è che un reo velen,
 non è che un fosco orror
505di gelosia.
 
 SCENA V
 
 FLAVIA, COSTANTINO, EMILIA e LEONE
 
 FLAVIA
 Quai rischi, o sire?
 COSTANTINO
                                      Il rischio mio più acerbo,
 germana, è ’l mio timor. Perché non veggo
 de la congiura il capo, in tutti io ’l temo.
 LEONE
 Anche in Licinio?
 COSTANTINO
                                   Ei tosto
510volga a l’Illirio il piede.
 Lontan nol temerò. Tu, sposa, il siegui.
 LEONE
 Flavia a Licinio?
 COSTANTINO
                                 Sì, con questo dono
 si renda o a sé più giusto o a me più grato.
 Ma Flavia che risponde?
 FLAVIA
515A chi non m’ama io darò fé di sposa?
 COSTANTINO
 Agl’imenei de’ grandi
 non sempre amor precede.
 FLAVIA
 E infelici sovente...
 COSTANTINO
 Repliche al voto mio? Sempre è felice
520chi serve a’ cenni augusti. Albin, Leone,
 prontezza a lei s’inspiri.
 Flavia, addio. Di Licinio è quella mano.
 Se non ami il fratel, temi il sovrano.
 
    Datti pace.
525Con la destra il fido sposo
 anche il cor ti porgerà.
 
    D’imeneo la bella face
 un gentil foco amoroso
 in quel seno accenderà.
 
 SCENA VI
 
 FLAVIA, EMILIA e LEONE
 
 FLAVIA
530Leone, udisti?
 LEONE
                             Principessa... (O dio!
 Presente Emilia, e che mai dir poss’io?)
 FLAVIA
 La mia destra a Licinio.
 LEONE
 Taci né ti scoprir. M’ama la bella (Ad Emilia sottovoce)
 ma senza pro. Finger convien d’amarla.
535So ’l crudo cenno e so ch’io stesso al nodo (A Flavia)
 consigliarti dovrei ma...
 EMILIA
                                              (Attenta ascolto).
 FLAVIA
 E perdermi potrai?
 EMILIA
 Giova al tuo fasto il suo consiglio, o bella. (A Flavia)
 LEONE
 Deh, taccia Albino, ove Leon favella. (Ad Emilia)
540lo, Flavia, consigliar le mie sciagure?
 EMILIA
 Leon, tradisci Emilia e inganni augusto.
 LEONE
 Fingo un duol che non ho. (Ad Emilia)
 EMILIA
                                                   (Dubbia son io).
 LEONE
 Ma tu, cor mio, che pensi? (A Flavia)
 EMILIA
 Flavia, Flavia è ’l suo nome e non cor mio.
 FLAVIA
545Ubbidir al german, seguir la sorte, (A Leone)
 giurar fede a Licinio.
 LEONE
                                         E darmi morte.
 FLAVIA
 Di te ti lagna e non di me. Vantasti
 ch’il titolo di cesare e ’l diadema
 eran per te di Costantino un voto;
550su questa speme arrise
 al tuo core il mio core,
 a la tua la mia fede.
 EMILIA
                                       (O traditore!)
 FLAVIA
 Or di’, cesare sei? Di’, m’offri un trono?
 EMILIA
 (Egli è deluso e vendicata io sono).
 LEONE
555Dunque più del mio core ami l’impero.
 EMILIA
 Deessi men d’un diadema a quella fronte? (A Leone)
 FLAVIA
 Per me rispose Albino e ben rispose.
 LEONE
 Mia ti dicesti ed ora...
 EMILIA
 A lei cesare vieni e tua l’avrai.
 FLAVIA
560Tutto ciò ch’io direi ti disse Albino.
 LEONE
 (Emilia temeraria! Empio destino!)
 Ma se cesare io fossi?
 EMILIA
 Vano saria...
 FLAVIA
                          No no, Flavia or risponde.
 Di Leone al diadema
565ceder farei quel d’ogni capo. Il giuro.
 LEONE
 Soffri che il fato in Costantino io tenti?
 FLAVIA
 Anzi te lo comando. Affretta il corso
 del tuo sperar. Va’. Regna e tua son io.
 EMILIA
 (Tanto soffrir non può lo sdegno mio).
570Flavia, ascolta.
 LEONE
                              Non più. Flavia propone...
 EMILIA
 Eh! Dove parla Albin, taccia Leone.
 T’inganna il traditore. Ad altro volto
 fede in Roma ei giurò.
 FLAVIA
                                            Leon spergiuro?
 EMILIA
 Il suo tacer l’accusa.
 FLAVIA
575Siasi. La sua incostanza è gloria mia.
 EMILIA
 Chi una volta lo fu, sempre è incostante.
 FLAVIA
 Leon vi pensi. Ei sa che senza pena
 non si manca di fede a Flavia amante.
 
    Vantar un cor, che more
580tra’ lacci suoi ristretto,
 egli è ’l maggior diletto
 che provi la beltà.
 
    E questa suole alora
 col vezzo e col favore
585nel core che l’adora
 nodrir la fedeltà.
 
 SCENA VII
 
 EMILIA e LEONE
 
 EMILIA
 Or di’ che la tua gloria è mia rivale,
 di’ che fingi d’amar Flavia che t’ama.
 T’ama ella molto. Il vedo.
590Né vuol dal suo Leon che un picciol dono,
 un cesare, un diadema, un regno, un trono.
 LEONE
 Qual Flavia mi delude, io lei lusingo.
 Tu m’aita e Leon fia tua mercede.
 EMILIA
 Che vorresti?
 LEONE
                            Il tuo braccio e la tua fede.
 EMILIA
595(Forse a Fausta convien). Di’, come? E dove?
 LEONE
 Tu de le auguste stanze
 non sei custode? (A mio favor la traggo).
 EMILIA
 N’ebbi l’onor. (Credula ancor mi fingo).
 LEONE
 Mi sarai fida a l’uopo?
 EMILIA
600Nol so. Sei troppo ingrato. Or su, Leone,
 vediam chi pria si stanchi,
 tu de la tua perfidia, io de la mia
 cieca semplicità. Di me disponi.
 LEONE
 A miglior tempo. Intanto
605qui del nobile impegno io mi assicuro.
 EMILIA
 Nol merti. Non ti credo; e pur tel giuro.
 LEONE
 
    Vedrai le arene in ciel,
 le stelle in mar;
 ma non vedrai mancar
610mai la mia fede.
 
    Eterno nel mio cor
 l’amor per te vivrà.
 (Quanto s’ingannerà
 s’ella mi crede).
 
 SCENA VIII
 
 EMILIA
 
 EMILIA
615Labbro a le frodi avvezzo
 sempre s’ode con tema e con sospetto.
 Fausta, a cui tutto io debbo,
 sappia ciò ch’io promisi e quanto ei disse.
 Essa, che mi protegge e che mi affida,
620sia de’ miei passi e del mio cor la guida.
 
    Ne la selva ombrosa,
 dove fu colta un dì,
 paventa ognor nascosa
 la rete che la tradì;
625e sempre con timor
 del cacciator
 guardinga se ne sta
 per la sua libertà
 quella cervetta.
 
630   Dal mormorio d’ogn’onda,
 dal moto d’ogni fronda,
 dal fiato d’ogni auretta,
 sempre temendo va
 laccio o saetta.
 
 Fine dell’atto secondo